I miei racconti

LA PIÙ FORTE È MIA MADRE

«Laura, gli hai salvato la vita», una riconoscenza profonda vibra nella voce della zia. Da diversi giorno suo marito giace a letto, infetto da Covid, febbre alta, polmonite interstiziale, bombola di ossigeno accanto al letto. 

Ai primi sintomi, mio zio si è detto: “sarà un raffreddamento…”. Al sopraggiungere della febbre ha optato per un tampone: positivo. Una settimana prima avevo passato una giornata intera con lui a passeggiare nei boschi. Eseguo un tampone di controllo: positiva con appena qualche sintomo generico: di tutto un po’. Quel poco che basta a infastidire il corpo, sufficiente a far scattare l’allarme tutto attorno a me.

Il sistema famigliare è messo a dura prova. Perché un conto è sentire enumerare statistiche al telegiornale; un altro è ritrovarsi con un membro della famiglia in stato avanzato grave e una positiva in casa. La prospettiva si capovolge totalmente. 

Parte così immediatamente il mio isolamento in camera, un isolamento fisico, psicologico, affettivo. Mio padre e mia sorella temono talmente il contagio da rinchiudersi nelle loro bolle di ansie e angosce e nel loro buio mutismo accusatore: je t’accuse, sembrano dire.  

L’unica che riesce a mantenersi salda è mia madre, che in questi giorni si è spesa con amore sia per aiutare mia zia a gestire l’emergenza sia per salvaguardare gli equilibri della nostra famiglia. 

Operaia a 16 anni, figlia dei fiori a 18, infermiera a 22, assistente sanitaria a 30, mia madre è la donna più forte che conosca. 

Se prima che questa tormenta ci travolgesse, il dialogo con lei era pressoché impossibile e sempre carico di scontri, ora il pregiudizio su di lei legato al passato si è mitigato e una nuova immagine si è imposta al mio cuore. 

Mia madre è la cognata che ha minacciato di denuncia il medico di base di mio zio, il quale non ha mai risposto alle chiamate della moglie ben conoscendo lo stato di salute del suo paziente. 

Mia madre è quell’infermiera in pensione che suggerisce ai giovani medici di turno i medicinali che devono assolutamente prescrivere allo zio ormai in cura di cortisone da più giorni e disteso a letto: l’eparina per evitare rischi di trombosi e un gastroprotettore per lo stomaco.

Mia madre è la donna che è uscita provata da tutto ciò ma che tiene e non molla, e che all’10° giorno di isolamento mi dice: “Vieni a mangiare giù con me in cucina. Indossa mascherina e guanti, siediti all’altro capo del tavolo, ma almeno stai un po’ in compagnia. Oramai non sei più contagiosa.” Mio padre continua a osservarmi con gli occhi di un cerbiatto impaurito; mia sorella con quelli allucinati di chi vede un esserino verdognolo tutto crateri e protuberanze al posto del mio viso. 

Ieri poi è successo ciò che non mi sarei mai aspettata: mamma si è messa a cercare delle soluzioni di alloggio buone e abbordabili affinché la mia vita parigina prenda una svolta diversa e possa vivere più serena e dignitosa. Allo stesso tempo ora mi sostiene in questa scelta che mi porterà a lavorare nel settore della ristorazione presso una catena che vende prodotti alimentari italiani. Mi offre pure consigli: “Impara bene le procedure d’igiene, così se poi proseguirai nel tuo progetto imprenditoriale saprai come fare.” Ha ragione, mai come ora i protocolli sanitari diventano imprescindibili, parametri di qualità che segneranno la differenza tra chi lavora bene e chi no.

Per la prima volta ieri non ho parlato contro mia madre e le sue proiezioni circa il mio futuro (Italia, concorso pubblico, matrimonio, famiglia), bensì con mamma del mio futuro prossimo: Parigi, nuovo lavoro, monolocale per single.

Grazie mamma, mi ci voleva un virus e un isolamento affinché scoprissi la forte donna che sei e rendermi conto dell’amore incondizionato che doni. 

©Eleonora Filippi

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