Cinema

BRIO : ditelo semplicemente !

«Bisogna sempre dire la verità? Qui oserebbe dire a un bimbo la vigilia di Natale che Babbo Natale non esiste?»

Eh sì, ogni tanto succede pure a me di ritrovarmi il sabato sera sola sul divano, una tazza di te fumante, copertina sulle gambe, televisione accesa. L’ultima volta è capitato giusto qualche settimana fa, esitante e indecisa tra Netflix e un film di un certo Yvan Attal in onda su France 2. Ho optato per quest’ultimo e ammetto che ne è valsa le pena.

Quasi nemici è il titolo dato alla versione italiana del film Le Brio, realizzato nel 2017 da tale regista franco israeliano di cui inizialmente non conoscevo neppure il nome.

La trama racconta la storia di una giovane donna di origini magrebine, Neîla, cresciuta nella periferia di Parigi e che sogna di diventare avvocato. Iscritta in una delle più celebri universtà della capitale, si trova fin dal primo giorno confrontata ai pregiudizi legati al colore caffelatte della sua pelle e a battute pungenti sulla sua cultura. A proferirle un emerito professore di diritto, Pierre Mazard, già noto alla Commissione disciplinare per le sue affermazioni razziste e ciniche. Costui, per poter mantenere la propria cattedra, deve dare prova di ammenda. Come ? Accettando di preparare Neïla per il celebre concorso dedicato all’arte dell’eloquenza che premia ogni anno il miglior studente. Ma affinché la relazione professore-studentessa si instauri è necessario che entrambi vadano oltre i pregiudizi che covano l’uno verso l’altra. 

La preparazione di Neîla prende avvio con un assunto imprescindibile:

« L’importante è avere ragione, della verità chi se ne frega.»

Il professore Mazard non ammette repliche. Questo è l’obiettivo, e per ottenerlo non vi è che una maniera : fare tesoro degli assiomi e gli insegnamenti presenti nella celebre opera del filosofo tedesco Schopenhauer, L’arte di ottenere ragione (1831).

Affinché un discorso sia persuasivo e vincente, continua Mazard, «deve essere rapido, efficace, naturale.» Allo stesso tempo deve essere intaccabile sul piano logico-argomentativo e poggiare su tre pilastri: 

  • Logos, la ragione che forgia il pensiero e la parola ; 
  • Ethos, l’attitudine propria dell’oratore, il suo carattere , la sua maniera di essere (o meglio, di apparire)
  • Pathos, saper risvegliare nel pubblico le giuste emozioni al fine di sedurlo e convincerlo. 

Per riuscire nell’impresa Neîla dovrà dunque imparare a gestire la propria emotività, apprendere tutta una serie di astuzie e stratagemmi argomentativi, padroneggiare la tecnica alla perfezione.

Ma non è finita qui. Poiché “l’arte di ottenere ragione” è un’arte che interessa anche lo spazio (una posizione da prendere, una zona di campo da coprire), Mazard impone alla ragazza alcuni esercizi propri dell’arte del teatro.

Dal momento in cui ci si trova su un palco, poco importa infatti se si è avvocato, oratore, politico, attore, studente. Ciò che veramente conta è sapere imporre la propria presenza, captare l’attenzione del pubblico, farsi sentire, recitare bene il proprio ruolo, saper mentire pur rimanendo sincero, sedurre.

Eppure, ci sono dei momenti nella vita dove padroneggiare alla perfezione tutto ciò non serve a nulla. Anche l’emerito professore di diritto soffre delle relazioni affettive che lo legano ai suoi famigliari, e non vi è alcun trattato di retorica che insegni come affrontare determinati argomenti in famiglia.

«Quando si parla bene ci si dimentica come dire le cose in maniera semplice» rivela Mazard a Neîla.

Con questa melanconica constatazione, la prospettiva del film si capovolge totalmente e dall’”arte di ottenere ragione” si passa all’arte di vivere appieno i sentimenti della vita. L’uomo che si cela dietro il cinico professore ritrova così nella relazione professore – studentessa una parentesi di umanità dove le sue fragilità hanno diritto di mostrarsi.

Quando proviamo della riconoscenza o dell’affetto, quando ci sentiamo in errore o innamorati, fare dei lunghi discorsi, complicare il concetto in giri di parole, trovare scuse “si… ma”,… non serve a niente . 

“Grazie”, ti amo”, “mi manchi”, “scusa”,… è quanto basta. E non occorre avere una valida ragione per affermarlo.

Nelle relazioni rimanete semplici ! 

©Eleonora Filippi

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